DALLA PREISTORIA ALL’EPOCA PRE-COLONIALE
- Del Ruanda in epoca preistorica non si sa molto, tranne che fosse abitato da cacciatori-raccoglitori, così come i confinanti Paesi dell’Africa centrale, come precisato da un accreditato studioso, Francois-Xavier Favelle, storico e archeologo francese specializzato nella storia dell’Africa antica. In particolare, per quanto riguarda il Ruanda, la prima etnia che si insediò fu quella dei Twa (presenti anche nell’attuale Repubblica Democratica del Congo).
- È possibile inoltre che, soprattutto lungo le rive palustri, vivessero ominidi come Australopithecus robustus, Australopithecus gracilis, Homo habilis ed Homo erectus.
- Il seguito della storia del Ruanda è il sopraggiungere dell’etnia Hutu che, nel corso del primo millennio d.C., si instaurò nella Regione dei Grandi Laghi tra il Burundi e il Ruanda.
- Nel corso del XIV fu invece la volta dei Tutsi, tradizionalmente allevatori di bestiame e, con buona probabilità, provenienti dal Corno d’Africa. I Tutsi assoggettarono gli Hutu e divisero il territorio in piccoli stati, organizzando la società a struttura piramidale. Al vertice c’era il re.
- Il Paese per secoli fu abitato dalle tre principali tribù ruandesi: Hutu (che erano la maggior parte), Tutsi e Twa che coesistevano.
- Dalla metà del XVIII sec., il Regno del Ruanda, governato dal clan Tutsi Nyighinya, divenne il regno dominante.
- Nella seconda metà dell’Ottocento, il re Kigeli Rwabugiri nel 1853–1895 espanse il proprio regno e avviò riforme amministrative che determinarono una clima di grande tensione all’interno delle popolazioni Hutu e Tutsi. Era infatti previsto addirittura un sistema di lavoro forzato (“uburetwa”) che gli Hutu dovevano eseguire per riottenere l’accesso alla terra, precedentemente loro confiscata. Si trattava in realtà di una sorta di sistema feudale, chiamato “ubuhake”, in base al quale i Tutsi cedevano il bestiame agli Hutu in cambio di servizi economici e personali.
PERIODO COLONIALE
- Il Ruanda fu “scoperto” dagli esploratori tedeschi durante la cosiddetta “Scramble for Africa”, ossia la violenta spartizione del continente africano, avvenuta tra il 1880 e l’inizio della Prima Guerra Mondiale, da parte delle potenze europee. In particolare, il Ruanda fece parte dell’”Africa orientale Tedesca”, colonia fondata nel 1885 e i cui confini vennero definiti in maniera precisa con il Trattato anglo-tedesco del 1890. L’amministrazione tedesca fu “leggera e indiretta”, si basava cioè sull’autorità del re locale (“Mwami”). Un peso significativo fu però dato all’aristocrazia Tutsi, considerata dai colonizzatori “superiore”, per via di tratti fisionomici ritenuti più affini agli Europei. Si tratta però di una suddivisione etnica che trova il suo rafforzamento nell’esacerbazione della tensione tra Hutu e Tutsi, basandosi soprattutto sull’appartenenza a una determinata classe sociale. In realtà, infatti, non vi sono significative differenze somatiche, religiose, linguistiche o culturali tra gli Hutu e i Tutsi.
- Nel 1916, durante la Campagna dell’Africa Orientale (ansime di operazioni militari che ebbero luogo in Africa durante la Prima Guerra Mondiale) le truppe belghe provenienti dal Congo conquistarono il Ruanda. Dopo la guerra, la Società delle Nazioni assegnò il territorio al Belgio come mandato, insieme al Burundi, sotto il nome di “Ruanda-Urundi”. Il dominio belga fu più diretto e strutturato rispetto a quello tedesco. I belgi rafforzarono ulteriormente la distinzione etnica tra Hutu e Tutsi, in linea con le teorie razziali dell’epoca. I belgi, come gli europei in genere, ritenevano i Tutsi superiori e affidarono loro incarichi economici e amministrativi di grandi responsabilità, dopo averli fatti studiare in scuole coloniali. Agli Hutu invece venivano riservati lavori più umili e venivano così mantenuti ai margini della società. Tutto ciò contribuì a creare tensioni sociali profonde.
- Negli anni Trenta fu addirittura introdotta la carta d’identità che classificava la popolazione ruandese in base all’etnia di appartenenza, in base allo status sociale e alle caratteristiche somatiche. L’obiettivo, quello di distinguere gli Hutu dai Tutsi.
- Nel 1946, quando la Società delle Nazioni si sciolse, il “Ruanda-Urundi” divenne territorio sotto tutela dell’ONU affidato però, in amministrazione fiduciaria, al Belgio per favorire il progresso del Paese e guidarlo verso l’Indipendenza.
DALL’INDIPENDENZA AL GENOCIDIO
- Negli anni Cinquanta nacquero movimenti anticoloniali ed indipendentisti nel Congo Belga e nel “Ruanda-Urundi” e nel 1957 fu fondato da Grégoire Kayibanda il “Partito del Movimento per l’Emancipazione Hutu”, in francese “Parti du Mouvement de l’Emancipation Hutu”, (Parmehutu). Il partito enfatizzava in Ruanda il diritto di supremazia della maggioranza Hutu sulla minoranza al potere Tutsi. Fu, dunque, il più importante movimento politico nella “Rivoluzione Hutu” del 1959-1961 che portò il Ruanda, a divenire il 1° luglio 1962 una Repubblica indipendente con la sostituzione del potere Tusi con quello degli Hutu.
- La tensione sociale, sotto il regime del Parmehutu fu altissima e i Tutsi vennero sempre più discriminati, perseguitati e assassinati.. Molti di loro, compresi Hutu moderati, furono così costretti a fuggire dal Ruanda verso il Burundi o l’Uganda. Il massacro dei Tutsi del 1963, fu descritto dal filosofo britannico Bertrand Russell (1872-1970) come il più atroce dopo l’Olocausto.
- All’inizio degli anni Settanta le tensioni fra le due etnie si acuirono nuovamente. Nel 1973 il generale hutu, Juvénal Habyarimana, depose con un colpo di Stato, il primo presidente ruandese, Grégoire Kayibanda in carica dal 1962. Juvénal Habyarimana fondò nel 1975 il “Movimento Rivoluzionario Nazionale per lo Sviluppo”, dominato dall’etnia Hutu che divenne, nel 1978, l’unico partito legale del Paese.
- Le elezioni del 1978 confermarono Habyarimana presidente. Era in realtà l’unico candidato, rieletto con il 99% dei voti. Habyarimana fu rieletto di nuovo anche nel 1983 e nel 1988.
- Tra le fine degli anni Ottanta e il 1990 le tensioni etniche furono ulteriormente acuite dalla crisi economica in atto, dovuta al crollo del prezzo del caffè sui mercati internazionali e alla carestia. Nello stesso anno, molti profughi Tutsi, fuggiti dal Ruanda nei decenni precedenti, iniziarono a rientrare, in particolare dall’Uganda. Il 1°ottobre 1990, il Fronte Patriottico Ruandese (FPR), composto principalmente da esuli Tutsi guidati da Paul Kagame, invase il Ruanda dal nord, dando inizio alla guerra civile. L’Uganda scelse di appoggiare l’RPF e molti Tutsi provenivano proprio dall’esercito ugandese.
- All’inizio del 1991 l’RPF contava circa 5000 uomini e questo numero crebbe rapidamente negli anni successivi. Il primo obiettivo di Kagame fu la città di Ruhengeri che i ribelli presero il 23 gennaio 1991. Fu anche un modo per rifornirsi di armi e per liberare numerosi prigionieri politici. Nel frattempo, iniziò la propaganda anti governativa dall’Uganda, attraverso Radio Muhabura.
- A partire dal luglio 1992, gli Stati Uniti, la Francia e la Organization of African Unity cercarono di portare l’RPF e il governo ruandese a una soluzione diplomatica del conflitto. Intanto proseguivano nuovi massacri di Tutsi nel Paese che spinsero l’RPF a una nuova feroce offensiva a Ruhengeri l’8 febbraio 1993. Durante la loro avanzata i ribelli seminarono il terrore nella popolazione Hutu. Numerosi furono i massacri e la devastazione che causarono un milione di profughi. I successi dell’RPF spinsero il governo francese a intervenire, inviando soldati e munizioni per l’artiglieria dell’esercito governativo. Il 20 febbraio, i ribelli (ad appena 30 km da Kigali) dichiararono unilateralmente il cessate il fuoco e iniziarono a ritirarsi. Nei mesi successivi la situazione sembrava in miglioramento, in realtà il malcontento degli Hutu cresceva.
- Nel luglio 1993 l’azione diplomatica, alla quale contribuirono anche Stati Uniti e Francia, riprese e due importanti incontri avvenuti in Ruanda il 19 e il 25 luglio stabilirono le basi per una presunta soluzione definitiva del conflitto. Il 4 agosto 1993 in Tanzania vennero infatti firmati gli “Accordi di Arusha” dai rappresentanti delle fazioni contrapposte nella guerra civile ruandese, il Fronte Patriottico Ruandese (FPR) e il governo del Ruanda. Gli accordi inclusero un forte ridimensionamento dei poteri del Presidente del Ruanda, in buona parte trasferiti al “Governo Transitorio di Larga Base” (TBBG), un organo che includeva molti rappresentanti dell’RPF. La firma definitiva del protocollo da parte del presidente Habyarimana e del leader dell’RPF Alexis Kanyarengwe avvenne il 3 ottobre 1993. Ma molti estremisti Hutu si opposero duramente a questi accordi.
- La “pace” ebbe breve durata e il 6 aprile 1994 l’aereo su cui viaggiava Habyarimana fu abbattuto da un missile terra-aria. Tra le vittime anche il presidente del Burundi, Cyprien Ntaryamira. L’azione non venne rivendicata, ma scatenò un’immediata rappresaglia da parte degli Hutu nei confronti dei Tustsi. Subito dopo lo schianto dell’aereo, cominciarono i massacri, che si intensificarono dal 7 aprile a Kigali e nelle zone controllate dalle forze governative (FAR, forze Armate Ruandesi). Furono presi di mira la popolazione Tutsi e gli Hutu imparentati ai Tutsi o che avevano assunto posizioni più moderate. Ad agire furarono la Guardia presidenziale e Gruppi paramilitari Interahamwe e Impuzamugambi, supportati dall’esercito governativo. Il segnale per sterminare i Tustsi veniva dato dalla Radio Radio “Télévision Libre des Mille Collines” (“RTLM”) per mezzo dello speaker Kantano. Furono massacrati a colpi di machete, circa un mille di Tutsi e Hutu moderati. Per 100 giorni si susseguirono infatti massacri e barbarie di ogni tipo. Uno dei più più efferati fu quello di Gikongoro, dove vennero uccisi oltre 27 000 Tutsi. Il genocidio ebbe termine nel luglio 1994 con la vittoria dell’RPF. Raggiunto il controllo del Paese, l’RPF attuò un programma di giustizia contro i responsabili del genocidio. Ciò aggravò ulteriormente la già drammatica situazione umanitaria, comportando la fuga di circa un milione di profughi Hutu verso i paesi confinanti (Burundi, Zaire, Tanzania e Uganda). Il ruolo del mondo occidentale, dell’ONU e della Francia è stato ed è attualmente discusso per disinteresse e corresponsabilità.
- Negli anni successivi in Ruanda furono avviati i primi processi per stabilire i responsabili del genocidio, ma i ritardi e i disguidi furono moltissimi a causa della mancanza di giudici. Un primo processo si concluse nel 1998 con la condanna di ventidue persone considerate colpevoli di genocidio.
- Nel luglio 1998, Laurent Kabila, presidente della Repubblica Democratica del Congo, impose agli eserciti di Ruanda e Burundi di abbandonare la regione congolese Kivu abitata dai Tutsi. Al loro rifiuto cominciò la Seconda Guerra del Congo in cui furono coinvolti molti Stati africani.
- Nel 2000, l’elezione del presidente ruandese, Paul Kagane (capo dell’FPR) portò nel 2002 a un armistizio con la Repubblica Democratica del Congo. Paul Kagane, reiteratamente rieletto, è ancora presidente del Ruanda.
Testo a cura di Paola Scaccabarozzi