Attualmente due sono i siti iscritti all’UNESCO:
- Parco nazionale del Manovo-Gounda St. Floris: istituto nel 1979 e patrimonio UNESCO dal 1988, si trova nella Prefettura di Bamingui-Bangoran (parte centrosettentrionale del Paese). Ha un’estensione impressionante (1.740.000 ettari), una fauna unica ed ecosistemi molti vari.
- Sangha Trinational: è un sito naturale situato nel bacino nord-occidentale del fiume CongoIl sito, interfrontarliero, è il luogo in cui si incontrano tre parchi nazionali per un totale di quasi 750 000 ettari. La maggior parte del sito è incontaminata e caratterizzato dall’ecosistema della foresta tropicale. Flora e fauna sono ricchissime e caratterizzate da una notevole biodiversità. Tra le numerose specie animali: il coccodrillo del Nilo, molte antilopi, il pesce tigre, gorilla, scimpanzé ed elefanti, tra cui anche gli “elefanti della foresta”, gravemente minacciati dal pericolo estinzione.
Nove sono invece le candidature per l’iscrizione:
- Megaliti di Bouar: la regione di Bouar, situata nel nord-ovest della Repubblica Centrafricana, è un ricco sito archeologico di grande valore scientifico. Situati sullo spartiacque tra i bacini del Ciad e del Congo, i monumenti megalitici sono stati oggetto di approfonditi studi. La zona megalitica si estende per 130 km di lunghezza e 30 km di larghezza, su un’area di circa 7.500 km². I megaliti sono noti come “Tazanu”, termine che nella lingua Gbaya-Kara, significa “pietre in piedi”. I primi studi relativi a questo sito si devono all’antropologo francese Pierre Vidal nel 1966. Dagli studi della fine degli anni Novanta è emerso che Bouar è abitata da oltre 30.000 anni. È probabile, inoltre, che le istituzioni politiche e sociali di base, comuni a tutti i regni dell’Africa Occidentale e Centrale e associate ai megaliti, siano stati create millenni fa. Diversi autori hanno tracciato un abbozzo di un’antica cultura di cacciatori e di una civiltà di Proto-Bantu (quasi 5000 anni fa), alla quale corrisponderebbe un’arte su cui si hanno purtroppo solo dei dati vaghi ed imprecisi.
- Tata fortificata del sultano Senussi: si tratta di un palazzo costruito da Mohamed es-Senoussi, sultano di Dar el-Kouti dal 1890 al 1911, situato sulla collina che domina la città di Ndélé. Da quai venivano razziati schiavi e alcune popolazioni indigene trasformarono così le grotte vicine di Kaga-Kpoungouvou in rifugi per sfuggire alla tratta.
- Siti paleo-metallurgici di Bangui: fondata il 24 luglio 1889, la città di Bangui è nota per le sue numerose testimonianze storiche (città, edifici, strade, ecc.). Le esplorazioni archeologiche condotte nella città di Bangui hanno portato alla luce ventisei siti dell’età del Ferro. Tra questi in particolare, il sito di Pendèrè-Sengué è stato oggetto di studi approfonditi. Qui sono stati trovati scorie e frammenti di ceramica, pezzi di metallo, “oggetti organici” (piante, ossa). Gli scavi hanno portato finora alla luce oltre ben tremila pezzi, composti principalmente da residui di lavorazione del ferro, tra cui 1740 frammenti ceramici e oggetti metallici. Sono state identificate lame d’ascia, coltelli, lance, anelli e bracciali (uno del peso di 2 kg) e una barra di ferro spatolata del peso di 9 kg. Le officine di produzione del ferro, identificate dagli affioramenti dei materiali, sono concentrate sulle rive di un piccolo corso d’acqua e si estendono per oltre 250 metri di lunghezza.
- Incisioni rupestri di Lengo: nella Repubblica Centrafricana sud-orientale si trova nei pressi di Lengo, una lastra di laterite lunga oltre 200 metri, caratterizzata dalla presenza di incisioni dell’età del Ferro con oltre 500 immagini che rappresentano animali, figure umani, armi e utensili. Sono presenti anche simboli e segni astratti.
- Resti del treno di Zinga: negli anni Venti, la Compagnie Générale de Transport en Afrique Équatoriale (CGTAE) costruì una ferrovia di circa sei chilometri che collegava i villaggi di Zinga e Mongo, per aggirare le rapide del fiume Ubangi e facilitare il trasbordo di merci e passeggeri. La linea fu attiva almeno fino al 1960‑62, quando il completamento di un canale navigabile eliminò la necessità della ferrovia che fu quindi dismessa. I resti di quello che fu sono stati inseriti nella lista Patrimonio UNESCO per conservarne la memoria storica.
- Parco Nazionale Mbaéré Bodingué: istituito nel 2007 e con una superficie di 400 chilometri quadrati, il parco si trova nel sud-ovest del paese. Il parco comprende diversi tipi di habitat, tra cui foreste a galleria, savane e zone umide ed è attraversato da diversi fiumi, tra cui il Bodingué e il Mbaéré, dai quali prende il nome. Questo territorio ospita una vasta gamma di specie vegetali e animali. Per quanto riguarda la flora, numerose sono le specie presenti tra cui diverse varietà di acacie e baobab. Per quanto concerne la fauna, si trovano specie come l’elefante africano di foresta, l’antilope eland e diversi primati.
- Cascate della Mbi: sorgono nella comune rurale di La Mbi, nella prefettura di Ombella‑M’Poko, vicino al villaggio di Babodanga. Lungo la gola scavata dal fiume, l’acqua precipita da circa 200 metri di altezza su un fronte di circa 70 metri. La pendenza media è di circa 4,5 m/km. Le cascate sono immerse in un paesaggio incontaminato.
- Città vecchia di Bangui: il nucleo storico comprende la collina su cui fu fondato il primo insediamento francese nel 1889, la piana adiacente dove si sviluppò il centro urbano, l’architettura coloniale, compresi edifici amministrativi, residenze europee e infrastrutture del XX secolo.
- Foresta e accampamenti residenziali di riferimento dei pigmei aka della Repubblica Centrafricana: localizzato nella foresta di Mongoumba, nella prefettura di Lobaye, si tratta di un sito inserito nella lista UNESCO come “proprietà di tipo misto”, ossia paesaggio culturale e naturale. E’ rappresentativo della vita dei popoli Aka (BiAka, Bayaka), considerati i primi abitanti della regione. Comprende campi residenziali selezionati (circa 18) abitati da 30–90 persone ciascuno. Ci sono accampamenti temporanei per la caccia e campi fissi stanziali nel cuore della foresta. I canti polifonici dei pigmei Aka (4‑5 voci sovrapposte), inoltre, sono già stati riconosciuti come patrimonio immateriale UNESCO nel 2003 e rappresentano un simbolo della loro identità culturale.
ARTE RUPESTRE
L’arte rupestre, come si evince dalle descrizione dai siti UNESCO in lista e dalla storia (preistoria) già menzionata del Paese, costituisce un aspetto molto importante.
In Africa centrale, del resto, come sottolineano gli studiosi, viene spesso presentato come un possibile nucleo di emersione della metallurgia del ferro l’altopiano di Adamawa, situato tra la Repubblica Centrafricana e il Camerun.
ARCHITETTURA
- Particolarmente interessante è l’architettura della città di Bangui, fondata dai francesi nel 1889 e che vanta edifici coloniali, insieme a aree rurali, caratterizzate dalla presenza di abitazioni molto semplici. Tutto questo all’interno di uno scenario naturale estremamente accattivante. La capitale ospita anche una chiesa cattolica, la Cattedrale di Notre-Dame, costruita in mattoni rossi, materiale utilizzato comunemente durante il periodo coloniale francese. Negli anni Settanta, Bangui veniva chiamata “La Moquette”, termine francese per indicare una donna civettuola. Ciò è emblematico di quello che fu il suo fascio, ora un po’ decadente, ma con segnali si rinascita.
- Dal punto di vista architettonico e, non solo, da non perdere sono: il Mausoleo e la Corte Imperiale di Bokassa a Barengo. Si tratta infatti di un luogo surreale, oggi semi-abbandonato e decadente, rimasto in mano ai militari, che svela però, con un po’ di immaginazione, quelli che dovevano essere i fasti nel quale visse questa controversa figura dittatoriale, auto-incoronatasi Imperatore, tra lampadari di cristallo, sale d’udienza, stanze private delle mogli e piscine olimpioniche.
- In molte aree rurali permangono strutture in mattoni crudi (mud‑brick), tetti di paglia e abitazioni realizzate in legno e argilla, tipiche delle etnie locali. Queste case offrono elevata ventilazione naturale e narrano di tecniche costruttive tradizionali.
ARTE TRADIZIONALE
- Numerose etnie realizzano maschere rituali e figure scultoree in legno, soprattutto ebano o mogano. Si tratta di “oggetti” utilizzati in contesti cerimoniali, culti ancestrali, riti di iniziazione. Le maschere rappresentano antenati, animali o spiriti. Sono generalmente molto lavorate e hanno un forte significato simbolico, correlato all’identità di gruppo e all’autorità sociale.
- Cesti realizzati, soprattutto con la rafia, costituiscono un aspetto importante dell’arte tradizionale. La rafia viene utilizzata anche per realizzare tappeti, stuoie e capi cerimoniali.
- Strumenti musicali come il balafon (xilofono in legno), il ngoma (tamburi) e flauti ricavati da bambù o canna, fanno parte a tutto titolo dell’arte tradizionale perché vengono regolarmente utilizzati per accompagnare danze locali ed esibizioni vocali.
CINEMA
Il cinema nella Repubblica Centrafricana è ancora in una fase embrionale, anche se negli ultimi anni c’è molto fermento.
Poche sono comunque, ad oggi, le sale cinematografiche “fisse” e il modello del cinema itinerante è quello più utilizzato per raggiungere anche le comunità più isolate.
Il cinema, di fatto, è nato nei primi anni Duemila. Il primo film di finzione “Le silence de la forêt” di Didier Ouénagaré e Bassek Ba Kobhio, anche se non è centrafricano al 100%, è del 2004.
Dal 2017 con l’arrivo degli “Ateliers Varan” (Organizzazione francese in collaborazione con al Repubblica Centrafricana per lo sviluppo del cinema locale) è emersa una nuova generazione di registi
Tra questi, uno dei più noti è Elvis Sabin Ngaïbino (Begoua, 1985), che è anche tra i pionieri del cinema nel Paese. Nel 2012 il giovane regista fondò, insieme a un gruppo di amici, l’”Académie du Cinéma Centrafricain”, fatto eclatante in un Paese dove l’industria audiovisiva era praticamente inesistente. Dopo anni di cortometraggi autoprodotti per la TV nazionale, ha frequentato la prestigiosa scuola de gli Ateliers Varan, dove ha girato Docta Jefferson, selezionato in diversi festival internazionali. Il suo primo documentario, Makongo (2020), la storia di due pigmei che vogliono aprire una scuola nel proprio villaggio, è stato premiato a Cinéma du Reel. Le Fardeau (2023) è la storia vera di Rodrigue e Reine, coppia sieropositiva che vive, insieme ai figli, con un magro raccolto di farina di manioca ed è molto attiva nella chiesa locale, dove si intersecano antiche credenze e religione cristiana. Il film ha conquistato il premio come Miglior Film al concorso internazionale del Filmmaker Festival di Milano.
LETTERATURA
- Fondamentale la narrazione orale, fatta di proverbi, canti e leggende che ha influenzato e influenza tuttora la trasmissione della cultura e dei valori del Paese.
- Lo scrittore centroafricano più noto è Emmanuel Dongala (1941). Nato da padre congolese e madre centrafricana, Dongala, nato nella Repubblica Cetrafricana, ha trascorso però l’infanzia e l’adolescenza nel Congo Brazzaville e per questo è per molti un autore congolese. Successivamente, a seguito di una laurea negli Stati Uniti, è rientrato nel suo Paese di origine dove si è mostrato molto attivo in ambito culturale e sociale. Dopo la guerra civile del 1997 è stato costretto a tornare in America, dove attualmente insegna chimica e letteratura africana francofona.
MUSICA
- Il patrimonio musicale è profondamente radicato nelle tradizioni delle popolazioni indigene della Repubblica Centrafricana. Ne sono un esempio i Pygmei Aka e i Banda-Ngbaka, celebri per le loro complesse strutture polifoniche. Gli strumenti tipici sono: Il ngombi, un’arpa ad arco tradizionale, Il mbela, uno strumento a corda, le trombe Banda (ongo o ganga), spesso realizzate con legno o corna di animale, la sanza (strumento musicale a lamelle9.
- La musica dei pigmei Aka della Repubblica Centrafricana, in particolare il loro canto polifonico, è stata riconosciuta dall’UNESCO come Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Questo riconoscimento è dovuto alla ricchezza e complessità della loro tradizione musicale, che costituisce a tutti gli effetto parte integrante della loro cultura e quotidianità.
Testo a cura di Paola Scaccabarozzi